mercoledì 13 luglio 2011

incontro con l'arte

Sarà da principiante ma questi colori mi appassionano:


Mio cognato Van Gogh
 
     
 
E’ annunciata a settembre, per i tipi di Abscondita, l’uscita di una biografia di Van Gogh. L’ennesima, verrebbe da dire. Se non fosse che, questa volta, ci viene riportata da un narratore d’eccezione: la cognata del pittore, Johanna Gesina Bonger, moglie del fratello di Vincent, Theo; ciò che la rende un documento prezioso, che si connota per la linearità e la semplicità del racconto e per la contemporanea complessità di riflessi e di rimandi emotivi e sentimentali che vi si riversano.
Johanna si accinse a scrivere il resoconto della vita di Vincent e Yheo nel 1913, per il desiderio di lasciare al figlio (Vincent Willem) una storia riferita con le proprie parole, non come quelle degli altri, una storia capace di portare in evidenza soprattutto il profondo legame d’amore reciproco che, a dispetto di tutto, univa i due fratelli.
Ogni informazione riguardante la fanciullezza dei Van Gogh le giunse direttamente dalla madre di questi, Anna, a cui Johanna, peraltro, non mancò mai di riservare rispettosa delicatezza, evitando qualsiasi tono che potesse dispiacerle. Per il resto, la fonte principale, oltre alla personale esperienza, furono le lettere che Vincent e Theo si scambiarono per tutta la vita.
Il risultato è un racconto insolitamente dominato da una grande tenerezza, in cui gli aspetti più drammatici e tesi sono stati smussati dalle tinte sentimentali e riferiti sul filo della discrezione. Se si riscontrano omissioni, e a dire il vero non sono poche, l’unica colpa ascrivibile all’autrice è stata quella di concentrarsi in una biografia che fosse resoconto di una costante ricerca serenità, compendio di momenti tranquilli e di crisi in qualche modo risolte, restituiti con indulgenza e dolcezza.
Ed è dunque comprensibile che l’argomento più doloroso, quello della follia, con le sue infauste implicazioni, venga relegato ai margini di un racconto che si concentra invece sul delicato ritratto di una vicenda di intensi rapporti umani, di cui l’arte rappresenta il culmine. L’intento palese di Johanna è stato quello di assumere la difesa di Vincent, quell’“eccentrico”, che in vita dovette sempre lottare con l’incapacità di comunicare col mondo, e che riuscì a farlo, a modo suo, solo attraverso intense pennellate di colore.
Johanna (come si legge nella biografia, redatta dal figlio, che completa il volume) era nata nel 1862 e aveva sposato Theo Van Gogh, che era amico di suo fratello Andries, nel 1889. Nel 1891, dopo un anno e mezzo di felice vita coniugale, coronata dalla nascita del piccolo Vincent Willem, e solo sei mesi dopo la tragica fine del pittore, Theo morì, e la giovane donna tornò in Olanda con il suo bambino, con alcuni mobili e con moltissimi quadri, a cui allora non si dava particolare valore: tra di essi circa duecento dipinti di Vincent.


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